La preghiera sperimentata come desolazione
Se è corretto dire che, nella preghiera contemplativa, Dio può plasmarci secondo il suo desiderio, solo se siamo “vuoti”, questo principio vale ancora di più, nella preghiera vissuta come desolazione, a condizione che ci disponiamo a riceverla così come c’è donata.
È facile pensare che la preghiera di contemplazione, possa fecondare e dare vigore alla nostra giornata, più difficile è ammettere che
questa vitalità possa anche derivare dall’accettazione generosa e passiva della desolazione nella preghiera.
Nella preghiera di desolazione, la fiducia in Dio deve essere già presente nel nostro intimo come adesione personale a un amore primario e profondo di comunione con Lui, altrimenti non si ha alcuna possibilità di amplificare questa virtù. Si ha come la sensazione che Dio non sia presente, non risponda, perciò una fede superficiale, abitudinaria, non basta!
Eppure, nella preghiera di desolazione, si deve credere che il
mistero di Dio nascosto, di Dio che non si mostra, fecondi comunque il nostro
agire e che Dio attenda da noi un’attiva collaborazione, sebbene non lo comprendiamo.
La preghiera, spoglia di ogni consolazione interiore,
favorisce la condizione – fatte le dovute differenze - di consegnare ogni cosa
al Padre, a imitazione di suo Figlio che, sulla Croce, ha consegnato tutto se
stesso.
D’altra parte il Signore potrebbe permettere questo stato
d’animo per spronarci a uscire da noi stessi per offrire con generosità il
senso di abbandono che sperimentiamo nella preghiera, a favore di persone ai
noi care che stanno attraversando un momento di fragilità e vulnerabilità.
Pertanto, nei momenti di desolazione spirituale, dobbiamo perseverare
certi che tutto può sbocciare nel mistero di questo “essere-consegnato”.
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