La paralitica sanata - Cammimo per incontrare Dio

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 Commento Lc 13, 10-16  

La paralitica sanata

Guarigione
In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta.
Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato»
Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?» (Lc 13,10-16)
Qualcuno potrebbe obiettare: «ma allora tutti i mali sono causati da Satana», a dir la verità è proprio così, dal peccato di origine che conduce alla morte, tutti i mali sono causati da lui (cfr. Sap 2,24 ss).
Questo brano è un dialogo di Gesù, non credere alle sue parole, è a nostro rischio e pericolo. Sembra lontano dalla realtà in cui siamo immersi, semplicemente perché la nostra fede vacilla. Riflettendo, sono rimasto sconcertato per quanto si applichi anche a tutti noi.
Ma veniamo alla situazione descritta dall’evangelista. Gesù guarisce in giorno di sabato la povera donna, e per i capi la guarigione è un lavoro. Assurdo. Se la guarigione, qualunque essa sia, è dono di Dio, perché Gesù non doveva realizzarla? Ciò che i capi non hanno compreso, o meglio non hanno voluto intendere, è che il bene si può fare sempre, soprattutto il giorno di sabato.
Essi hanno anteposto la loro interpretazione della legge alle disposizioni di Dio. Ancora oggi è così. Noi ecclesiastici, a volte, ci nascondiamo dietro alla “volontà di Dio” per promuovere le nostre convinzioni e, se qualcuno ci critica, o dimostra che stiamo sbagliando, arriviamo a dire che sono essi a non voler fare la volontà di Dio. A causa della nostra superbia ci riteniamo sempre nel giusto, non abbiamo alcuna volontà di correggerci.
Allora, che differenza c’è tra noi e i capi della sinagoga al tempo di Gesù? Nessuna.
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