Mistica cristiana
I frutti della redenzione
Seconda Parte
Gesù, dopo la sua Risurrezione e Ascensione, ci
raggiunge nella Chiesa tramite i sacramenti, ci abbraccia e ci comunica la sua
grazia per aprirci alla pienezza della salvezza divina, nonostante la nostra
indegnità.
I doni di grazia caratterizzano tutti i sacramenti, ma comportano
un’azione diversa di guarigione e di rinnovamento per ognuno di essi.
Il battesimo
è la “porta” dei sacramenti, ci inserisce nel mistero della salvezza, che è il Cristo morto e risorto, ci fa autentici figli di Dio e ci introduce, come membra vive, nel corpo che è la Chiesa, ossia in un popolo che vive la fede. Nel battesimo, lo Spirito Santo ci rinnova, ci dona una vita nuova e ci libera, con la nostra collaborazione, dalla schiavitù del peccato.
La confermazione
è il sacramento della maturità, della testimonianza. Questo sacramento rafforza l’appartenenza ecclesiale, conferisce un dono particolare dello Spirito che ci rende più forti nella lotta spirituale e nella difesa e diffusione della fede, perché la testimonianza non è solo buon esempio, ma è coraggio nel comunicare la salvezza che Gesù Cristo ci ha offerto, affrontando anche il rifiuto di chi non crede.
L’eucaristia
è il sacramento della presenza reale di Gesù con il suo Corpo e il suo Sangue, perciò è segno di amore oltre misura. Nella celebrazione eucaristica la memoria del suo Sacrificio, avvenuto una volta sola per sempre, è reso presente, ci unisce a sé e ci eleva verso il Padre; in essa è Gesù che presiede in mezzo ai suoi discepoli e opera.
La Chiesa che, nasce dal costato squarciato di Cristo in croce, sperimenta sempre nell’eucaristia il mistero pasquale che genera la vita e di continuo la rinnova con il suo Spirito. Pertanto, l’eucaristia ci nutre, ci fa divenire una cosa sola con Lui, ci unisce gli uni con gli altri e ci orienta verso il banchetto celeste.
La confessione,
si comprende solo con riferimento all’amore di Gesù per noi e dall’esperienza dell’incontro con Lui, basta pensare a Zaccheo, che decide di “cambiare” vita dopo essere stato riconosciuto e chiamato da Gesù o al figliol “prodigo” che ritorna indietro quando prova nostalgia della casa paterna. La confessione è un atto divino perché è lo Spirito Santo a sollecitarci alla conversione per farci sperimentare un’accoglienza totale e gioiosa da parte di Dio.
Se proviamo un senso di vergogna e di paura, è perché non siamo ancora del tutto aperti e disponibili ad accogliere con fiducia il suo perdono. Dio conosce il nostro cuore e i nostri peccati, ma solo se li riconosciamo davanti a lui, possiamo essere guariti.
Nel nostro “aprirci” a Dio, nella confessione, c’è un testimone: lo Spirito Santo. È lui che ci dona il senso di colpa, il desiderio di essere salvati e ci spinge a manifestare con sincerità i nostri peccati e ad “aprirci” alla misericordia di Dio per ricevere il suo perdono, la sua luce, che viene dalla notte della croce, causata dal nostro peccato, che lui ha vissuto e vinto.
La grazia di questo sacramento, che riceviamo attraverso la Chiesa, ci fa diventare nuove creature perché il perdono di Dio ricrea e dà inizio a una nuova vita perché possiamo riprendere con entusiasmo e forza la missione che abbiamo ricevuto da Dio.
Il matrimonio
è la consacrazione cristiana del rapporto spirituale e fisico tra un uomo e una donna. La grazia che, prima del matrimonio, passava da Dio al singolo, alla Chiesa e ritornava a Dio; ora passa da Dio agli sposi, da questi alla Chiesa e ritorna a Lui.
In questo sacramento in cui l’uomo e la donna si donano e si accolgono mutuamente, consacrando a Dio il loro amore, lo Spirito Santo )
rinnova e feconda i loro cuori perché siano pronti a perdonarsi e a prendersi cura l’uno dell’altro, aprendosi alla fecondità e a un’unità viva in Dio.
L’abbondanza della grazia è donata agli sposi e alle famiglie che formeranno perché, come cellule della Chiesa stessa, diventino espressione e presenza missionaria della Chiesa nella vita sociale (cfr. Documento pastorale della Cei “Evangelizzazione e sacramento del matrimonio”), è questo il motivo per cui la famiglia non può considerarsi una comunità chiusa.
Il dono di grazia dell’ordine sacro unifica tutta la persona al ministero della Chiesa, cosicché il sacerdote non appartiene più a se stesso ma alla missione salvifica di Gesù Cristo. In ogni azione ministeriale, è il Signore che parla e opera per mezzo di lui, coinvolgendolo profondamente, ma egli deve continuamente aspirare ad assimilare la carità pastorale di Cristo per poterla testimoniare con la sua vita.
Al sacerdote è regalata, oltre alla grazia sacramentale, anche una “riserva personale” che scorre subito nel tesoro delle Chiesa, perché egli possa attingere i beni spirituali e distribuirli.
Il sacerdote, offrendo tutta la sua vita al Signore si avvicina a Lui che si sacrifica nell’eucaristia e donandosi alla Comunità, nel servizio del ministero pastorale, la rende partecipe della sua grazia sacerdotale. Infatti, nella celebrazione della S. Messa rappresenta in modo vicario, ministeriale, personale tutta la Comunità e, grazie a questo sacrificio, egli stesso è arricchito, così anche quando amministra ogni sacramento.
L’unzione degli infermi
è il sacramento della presenza di Gesù accanto a chi soffre a causa della malattia, dell’età o del pericolo di vita per confortarlo, guarirlo e perdonarlo se non ha potuto accostarsi alla confessione.
L’unzione unisce il sofferente alla passione di Gesù, per il suo bene e per quello di tutta la Chiesa; lo Spirito Santo con questo dono rinnova la fiducia in Dio e fortifica contro le suggestioni del maligno che in quel momento si concentrano sull’angoscia della morte imminente.
È una grazia speciale che dona pace e coraggio per
sopportare cristianamente il male, la salute se è nella volontà di Dio e prepara
al passaggio alla vita eterna.
(continua)
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