Parola di Dio: si apre e si chiude
La preghiera pronunciata
dalle labbra e dalla voce, con attenzione, raccoglimento e fervore
dovrebbe essere l’anticamera di quella formulata
nel silenzio della nostra interiorità. Purtroppo, a volte, anche se abbiamo
pregato bene nella forma, seguendo uno schema stabilito dalla Chiesa, possiamo
sperimentare un germe di sterilità e di abbandono. In realtà, ciò che avviene nella preghiera, è come velato dietro
le parole pronunciate.
Innanzi tutto, la nostra orazione non deve essere rapida. Ad
esempio, il Padre Nostro dovrebbe
continuare a farci stupire, ogni volta che lo recitiamo. Sono
tante le richieste (sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà ecc.) e ciascuna di esse ha un
significato profondo che non basta una vita per capirle e aprirsi al frutto che
esse racchiudono, figuriamoci quando preghiamo in modo sbrigativo!
Chi prega in modo veloce, non capisce la portata delle
parole che pronuncia, né si pone il problema di come debba comportarsi quando
prega. A volte accade di interrompere frettolosamente, per essere a disposizione
del prossimo, almeno così crediamo.
Nell’esercizio della preghiera dobbiamo prendere coscienza
che il Figlio Dio si è incarnato nella natura umana, al punto che si è fatto uomo
come noi. Eppure, quando egli pregava il Padre, era così unito a Lui che
pronunciava le parole del Padre nostro
con il loro vero e pregnante significato.
Se pregassimo, anche noi, con questa passione, il nostro
rapporto con Dio diventerebbe così confidenziale che potremmo essere
sopraffatti, trascinati e catapultati dentro ad un vortice d’amore. Questo potrebbe
accadere ogni volta, se la nostra preghiera fosse autentica e, di certo gli
effetti rimarrebbero a lungo in noi.
Solo così, ogni parola da noi pronunciata nella preghiera
diventerebbe un tesoro, mostrando la sua forza interna tanto da svelarci la
vita del Signore. In primo luogo, come l’ha trascorsa qui sulla terra e poi nel
cielo, in continuità con quella terrena.
La preghiera, infatti, quando è fatta bene, s’impregna di
mistero: il Figlio Dio scende nel nostro cuore e con lui andiamo al Padre e allo
Spirito Santo. Così, la parola da noi pronunciata si chiude in cielo, realizzando
il suo compimento.
Pertanto, l’amore verso Dio che diciamo di vivere diventa,
con questo collegamento al Dio uno e trino, davvero reale e pieno della Sua
presenza, non più un vuoto enunciato.
Dio si dona sempre, ma non siamo noi a stabilire l’intensità
e la portata del suo dono o a calcolare il peso o la dimensione di quanto Lui
desidera fare. Le nostre parole non devono avere la presunzione di dire a Dio
ciò che deve fare, noi possiamo solo pregare in un atto contemplativo,
lasciando a Lui la libertà di come, quando e se ritiene opportuno intervenire.
In questo modo la nostra preghiera si chiude e, nello stesso
tempo, si apre alla libertà di azione del Signore ed è saldamente ancorata
all’eterno, ma non finisce qui perché la preghiera la possiamo rinnovare, ogni
volta che decidiamo di dare gloria a Dio, mettendoci alla sua presenza e
permettendogli di agire nel modo che ritiene più opportuno.
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