Il mistero della morte
La morte nell’Antico e Nuovo Testamento
Il castigo per il peccato è la morte sia per l’Antico sia
per il Nuovo Testamento.
Nell’AT si riscontra una terribile solitudine di
fronte alla morte, perché non è ancora attenuata da alcuna promessa, sebbene
venga anche descritta la longevità dei patriarchi la cui la morte, appare come
velata da un’abbondanza di vita, ma sempre termine definitivo e fine di tutto.
Nel libro della Genesi e nel Secondo libro dei Re,
invece, sono narrati i rapimenti al cielo di Enoch ed Elia (cfr Gn 5,24
e 2Re 2,11) e
quindi la loro non morte. Questo “strappo” all’ordinarietà ispessisce ancora di
più il mistero ma fa anche scorgere quanto la presenza di Dio sia grande nella
vita degli uomini.
I rapimenti, infatti, si manifestano con immagini
velate, nascoste, che incantano e ascrivono a Dio delle azioni che superano
l’immaginazione: Eliseo vede il rapimento di Elia, e ciò che vede è reale,
tant’è che raccoglie il suo mantello e con esso compie miracoli (cfr. 2Re
2,13-15), quindi
il racconto biblico non descrive un’illusione, bensì una realtà non ancora
compresa.
L’assenza della morte di Enoch ed Elia, ci rivela che esiste uno spazio per noi, nel mondo di Dio, ancora sconosciuto a causa del peccato; ossia Dio, in cielo, pur vivendo in un’eternità che fa impallidire il nostro tempo, si prende cura senza sosta di tutti noi sulla terra.
L’uomo dell’AT era cosciente che il mondo si era evoluto nel peccato per cui non poteva sottrarsi al dominio di Dio, ed era incapace di avvicinarsi perché il mondo di Dio, andava «oltre» e il contatto con Lui
l’avevano “solo” i profeti. La morte, rinforzava ancora di più questo divario: solo Dio era capace di sbloccare questa situazione.
Difatti, negli scritti dei profeti si trova con
insistenza l’annuncio, da parte di Dio, della venuta del Messia. Ovviamente
questo evento che si poteva solo attendere, esigeva una fede grande da parte
del popolo fino a quando non si sarebbe avverato.
La profezia Messianica preannunciava di nuovo l’unione
del Cielo con la terra e il superamento della realtà della morte, quindi il pio
israelita poteva già comprendere che il carattere definitivo della morte, era
suscettibile di un capovolgimento di valore, che solo Dio poteva compiere.
Oggi, noi, quando viviamo lontano da Dio, siamo
propensi a ritenere che i frutti del nostro impegno, talento, fatica ecc… abbiano
un carattere definitivo, ma ci sbagliamo!
Solo, con la conversione del cuore possiamo
comprendere e distinguere quel che è provvisorio da quel che è definitivo e siamo
certi che, se lo vogliamo, Dio è così potente da infonderci un concentrato di speranza
anche negli ultimi istanti della nostra vita, ma soprattutto è capace di
salvarci!
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